Nei primi anni '30 il fascismo, desideroso di far conoscere al mondo la
bontà delle proprie ricette, decise di dimostrare alla moltitudine di
scettici che circolava per il globo come anche nello sport l'antico sangue
romano, rinvigorito da opportune iniezioni d'orbace, fosse destinato a
primeggiare.
Affibbiò, pertanto, il soprannome di "Balilla" al grande Meazza e,
rendendosi conto che il solo Peppino nazionale non sarebbe bastato, inventò
gli oriundi. Fu deciso, in altre parole, che potevano essere considerati
italiani a tutti gli effetti i figli, i nipoti ed anche i pronipoti di tutti
gli italiani che, spinti dall'indifferenza di una Patria matrigna, avevano
dovuto mendicare all'estero quello che non gli era stato concesso dall'avara
terra ove erano nati. Unico requisito richiesto: saper assestare calci ad
una sfera di cuoio in modo da assicurare ad una terra della quale non
conoscevano neppure la lingua le giuste, oneste e meritate glorie
calcistiche. Chi volesse prendersi la briga di andare a consultare i
giornali sportivi dell'epoca si renderebbe conto di quanto abbiano
contribuito gli oriundi, veri o fasulli, alle fortune calcistiche del '34,
del '36 e del '38 delle quali ancora oggi meniamo vanto. La caduta del
fascismo diede origine a dotte disquisizioni sugli eventuali meriti e sui
certi demeriti del defunto regime ma nessuno osò mettere in discussione la
legittimità dei successi sportivi conseguiti in quegli anni, anzi i
reggitori delle fortune calcistiche del nostro paese, incoraggiati da
politici convinti che i successi sportivi fossero la giusta droga da
propinare al volgo, utilizzarono con sempre maggior disinvoltura veri,
presunti o falsi discendenti d'emigrati veneti, campani o calabresi. Nessun
ostacolo fu preso in considerazione né fu ritenuto sconveniente, se non
ridicolo, che calciatori che avevano già rivestito la casacca d'altre
nazionali si ritrovassero a difendere i colori italiani.
Arrivarono in blocco dalla nazionale argentina gli "angeli dalla faccia
sporca", al
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Sivori |
secolo Maschio, Angelillo e Sivori, seguiti, o preceduti, da
Martino, Montuori, Sani, Grillo, Da Costa, Manfredini, Pesaola, Sormani, Del
Vecchio, Clerici, Juan Carlos Tacchi. Fu saccheggiata la nazionale
uruguaiana, rea di aver sottratto in una storica partita la coppa Rimet
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Pesaola |
ai
padroni di casa del Brasile. E così gli ex campioni del mondo uruguaiani Ghiggia e Schiaffino si trovarono tranquillamente in maglia azzurra. Vale la
pena ricordare, per fedeltà di cronaca, che con tali eserciti di mercenari,
collezionammo epiche disfatte e ci assicurammo l'ilarità ed i velenosi e
meritati sfottò del mondo intero. Patente d'italianità e casacca della
nazionale furono, in ogni caso, elargite ad un "animale" che aveva già
validamente difeso i colori brasiliani in compagnia di Pelè, Garrincha, Vavà
ecc. Alludo al "coniglio" Josè Altafini, meglio conosciuto a Napoli come
"core 'ngrato" per motivi che i più anziani ricorderanno con rabbia e
rammarico. La qualifica d'oriundo, poco gradita dai prescelti per motivi
fiscali, fu anche elargita o affibbiata a Lojacono e Da Costa, di
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Altafini |
chiarissima origine portoghese. E parliamo degli acquisti in ogni caso
validi. A quest'esercito di campioni si aggiunsero, e si sono aggiunti negli
anni, fior di sconosciuti che, presentati da strani maneggioni in cerca di
gonzi da spennare, come autentici campioni e pagati a peso d'oro hanno
finito per calcare solo per pochi minuti, se non mai, il manto erboso di uno
stadio. Chi ricorda, infatti, i Moro, i Geronazzo, i Malandrino?
Ma i suddetti oriundi erano "fuori quota" e potevano, in pratica, essere
aggiunti ai tre stranieri consentiti alle squadre di serie A.
Per tale motivo un passaporto truccato o fantomatici bisnonni siciliani non
si potevano negare a nessuno di coloro che, in Lega, avevano voce in
capitolo, vale a dire voti da assicurare. Voti, cioè laute prebende e
potere. Tale andazzo è proseguito fino ad oggi con la complicità degli
organismi preposti al governo del mondo del calcio che hanno sopportato
tutto senza muovere un muscolo pur di non mettere in difficoltà i loro
padroni. Faccio esplicito riferimento a Società di calcio oppresse da una
valanga di miliardi alle quali tutto è consentito, che sanno di poter far
tutto e per le quali le leggi ed i regolamenti sono semplici seccature.
Non parlo, ovviamente, dei poveracci che sono costretti ad un'impari lotta
contro gli stipendi da pagare, il giudice sportivo, la classe arbitrale, la
violenza di tifosi incivili oltre che inviperiti dai continui soprusi subiti
ma dei pochi che spendono per un solo calciatore l'equivalente del bilancio
annuo di una normale squadra di serie A. Parlo dei magnati dell'industria
che giocano con i calciatori come una volta i ragazzini giocavano con i
soldatini di piombo o con le figurine, alludo ai ragazzini viziati che si
permettono il lusso di tenere in panchina, principescamente retribuiti,
calciatori di livello mondiale che le squadre "povere" non osano neanche
guardare. Mi dite quale soddisfazione può dare l'essere tra i primi della
classe dopo aver sottratto agli altri studenti i libri di testo? E allora
può succedere che alla squadra di Paperon dei Paperoni, che schiera undici
stranieri miliardari tenendone in panchina altri quindici che conducono una
vita da nababbi, sia concesso un rigore inesistente e sia consentito un
comportamento intimidatorio. Può accadere che un calciatore presenti
documenti falsificati e che nessuno abbia il coraggio di denunciarlo perché
il fatto potrebbe influire sulle quotazioni delle azioni del Club e potrebbe
suscitare le indesiderate ire del Creso che lo dirige. Può accadere che solo
dopo la presa di posizione di Francia e Spagna, il nostro governo calcistico
sia costretto a prendere finalmente atto di cose che durano, con sviluppi
diversi, da settanta anni. Può succedere che ne prenda atto nel momento meno
opportuno perché i falsi d'oggi, in fin dei conti, aggirano una legge
discriminatoria e razzista che opera un'ottusa distinzione tra calciatori
"comunitari" ed "extra comunitari". Ridicolo! Uomini di colore, polacchi,
bulgari, argentini e giapponesi possono tranquillamente introdursi
clandestinamente nel nostro paese, svolgervi attività ai margini della legge
se non illegali, lavorare possibilmente in nero senza che nessuno arricci il
naso. Ma nel mondo del pallone si opera una sottile differenza tra
calciatori nati in un paese della Unione Europea e calciatori nati nel resto
del mondo.
Ma vogliamo, almeno una volta, provare ad essere seri ed a fare, finalmente,
qualcosa d'onesto? Restituiamo i titoli mondiali del '34 e del '38;
dichiariamo illegittimo il titolo olimpico del '36; eliminiamo dall'albo
d'oro le società che hanno vinto scudetti e coppe allineando falsi italiani
ed oriundi fasulli; erigiamo un monumento ai pochi calciatori autenticamente
italiani che hanno dovuto lottare contro il mondo intero per dimostrare di
valere qualcosa; impegniamoci a rispettare le piccole società senza le quali
il circo domenicale non potrebbe aprire i battenti. In sintesi, sottraiamo
il calcio agli affaristi e riconsegniamolo allo sport vero, ai tifosi, ai
giovani, al popolo. Forse potremmo ricominciare a trascorrere delle
domeniche meno banali! Ed i risultati delle partite potrebbero diventare
meno scontati.
Pubblicato nel Maggio 2001 sul mensile "Proposte di classe"
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