Per mangiare una sfogliatella, basta fermarsi alla prima pasticceria che si incontra; per gustare una sfogliatella questo non basta… bisogna andare da “Scaturchio”, l’antica pasticceria napoletana dove sfogliatella fa rima con poesia, dove il gusto è ancora quello delle cose fatte in casa… dove mangiare una sfogliatella significa davvero provare un piacere intenso! Ovviamente da “Scaturchio”, quel bellissimo locale sito nel cuore di Napoli, in piazza San Domenico Maggiore, è un piacere gustare tutta la pasticceria napoletana e non, ma se abbiamo posto l’accento sulla sfogliatella è perché, a Napoli (con poche altre eccezioni), dire sfogliatella è come dire “Scaturchio”, perché questo dolce, acquistato lì, è “diverso”!…    

Incontriamo il simpaticissimo proprietario della ditta, il “signor” (e le virgolette non sono a caso, perché trattasi di un vero “signore”!) Mario Scaturchio, per scoprire tutti i segreti di questa prestigiosa pasticceria e cercare di capire perché la sua sfogliatella è così particolare!

- Signor Scaturchio, partiamo dalle origini… Da quanto tempo esiste la sua gloriosa pasticceria e chi ne è stato il fondatore?

- Allora… la ditta Scaturchio è nata ai primi del Novecento. Mio padre Giovanni, calabrese, venne a Napoli con altri due fratelli, Pasquale e Francesco. Pasquale aprì il negozio in Via Portamedina alla Pignasecca, Francesco e Giovanni in via Roma 429. A un certo punto, poi, mio padre - siccome il fratello era un tipo particolare, molto simpatico, amante della bella vita e delle belle donne… si invaghì anche di una famosa sciantosa dell’epoca, Anna Fougez – salutò Francesco e aprì quest’azienda a San Domenico Maggiore. Esattamente nel 1905. A me, unico figlio maschio (per l’anagrafe io sono Nicola, che è il nome del nonno paterno ma papà mi chiamava Lillino mentre per tutti sono sempre stato Mario), avrebbe dato pure la luna; mi ha permesso tante cose, anche se con garbo, chiedendomelo per piacere, mi ha imposto anche delle cose, tra le quali quella di lavorare nell’azienda e io, devo dire, l’ho sempre accontentato. Quindi, la mattina, alle 7.00, aprivo il negozio e lo chiudevo alle 21.30. La mattina mi veniva a svegliare lui e mi diceva “Lillino, abbi pazienza, alzati” e a me quell’uomo di un metro e novanta mi faceva una tenerezza incredibile perché capivo che si rendeva conto delle mie esigenze di giovane, ma… Al di fuori del lavoro, potevo fare ciò che volevo, aveva la massima stima in me e mi lasciava ampia libertà. Infatti, devo dire, ho girato tre quarti di mondo. Quando è nato il negozio, il laboratorio era dove adesso c’è la tavola calda, poi passò al primo piano sopra il negozio e giù rimase un deposito dove facevo la torrefazione del caffè. Poi cosa è successo… 37 anni fa – avevo già perso mio padre, che è morto nel ’58 – per puro caso seppi di un ampio locale che si vendeva dalle parti di Mezzocannone. Lo venni a vedere e rimasi estasiato, tanto era bello. Ma costava 100 milioni! Un’enormità, per me e per l’epoca… Pensavo sarebbe rimasto solo un sogno ma a volte i sogni si avverano! Il proprietario mi fece un grosso sconto sul prezzo e delle grosse agevolazioni, così, con grandi sacrifici, riuscii a comprare quel locale, ancora in costruzione, che divenne il laboratorio! Così… - io ero socio al 50% con mia sorella, e quindi con mio cognato – mia sorella era nel negozio, mio cognato nel laboratorio e io mi occupavo di tutto il resto, trattavo col cliente, facevo gli ordini, compravo la merce... E oggi sono orgoglioso di questo laboratorio (sito in via San Geronimo alle Monache), che ho fatto nascere io. E’ a norma di legge e… ho solo il rammarico che mio padre non l’ha potuto vedere!

- Sappiamo bene che a Napoli dire Scaturchio è come dire sfogliatella. Può rivelarci perché la sfogliatella di Scaturchio è così saporita o sono segreti del mestiere?

- Con molta onestà, le devo dire che il segreto dei dolci in generale sta nelle materie prime, che devono essere genuine. Tenga presente, poi, che la sfogliatella napoletana per eccellenza, la riccia, ha una lavorazione per la quale le macchine ci aiutano solo per il 20%, il resto è tutto fatto a mano. La riccia dovrebbe costare circa 5000 delle vecchie lire, per i tempi e la difficoltà della lavorazione. Per fare una sfogliatella, ci vogliono due giorni… L’impastatrice fa l’impasto (di acqua, farina e sugna), poi la sfogliatrice lo porta a 3 – 4 millimetri e avvolge la sfoglia vicino a un matterello. Il pasticciere la trasporta sul tavolo, la tira e la allarga fino a farla diventare trasparente. La umetta con lo strutto, poi inizia ad avvolgerla e fa un salame di 50 centimetri per 10. Due ore di riposo, poi due pasticcieri si mettono ai lati del salame, lo fanno diventare di due metri e lo tagliano in tanti dischi. Il primo pezzo ai due lati si elimina (è ottimo per fare il tortano, perché è morbido e pieno di sugna!). Tanti pasticcieri umettano i dischi con lo strutto e li mettono in una teglia. Li coprono con la carta oleata e li mettono in frigorifero fino al giorno dopo. Si riprendono i dischi, si umettano ancora e, col palmo della mano, si dà loro la forma della conchiglia; al centro si mette un po’ di ripieno (fatto di semola, ricotta, zucchero, frutta candita, uova, cannella e vaniglia), si chiudono e si infornano. La sfoglia più è sottile più è friabile e più si squaglia in bocca. Eccolo qua il segreto! Non c’è altro… La sfogliatella nacque da una suorina, nel 1700, che la lavorava con i gomiti perché l’impasto è durissimo ed è veramente un lavoraccio! Noi la vendiamo a 2200 lire, perché dall’altro lato c’è la sorella, che è la frolla, che è molto meno lavorata e ci dà la possibilità di equilibrare i costi.

- Oltre alla sfogliatella, siete maestri, ovviamente, nel preparare tantissimi dolci, compresi gli altri della tradizione napoletana, come ad esempio il babà. Di quali va particolarmente orgoglioso? 

- Mio zio Francesco, su richiesta di Anna Fougez, inventò un dolce per lei e ancora oggi lo facciamo. E’ il Ministeriale, che esternamente è di cioccolato ed è ripieno con una crema inventata da mio zio. Nonostante sia fatto con materie prime reperibilissime, ha un’autonomia di quattro mesi. Il suo unico nemico è il caldo, allora io ho pensato di modificarlo, sostituendo il cioccolato esterno con la pastafrolla. Ho creato, cioè, il San Domenico, che prepariamo in estate. Mi piace dire, poi, che è importante curare molto le decorazioni e cercare di carpire i desideri della clientela. Abbiamo preparato le più svariate torte… alcune erano delle vere opere d’arte!

- Il nome Scaturchio è famoso e prestigioso non solo a Napoli. Ci dice il nome di qualche cliente famoso della sua pasticceria?

- Tanti, tantissimi... Ad esempio Benedetto Croce, che abitava a due passi dal negozio e mi chiamava “Scaturchino”; il grande compositore E.A. Mario, il presidente Leone, Cossiga, tutti i politici… Al ministro Andreotti ho riprodotto tre suoi libri su tre torte; ho avuto il piacere di servire il Papa e, ultimi, il presidente Ciampi e la signora…

- Sarà stato lodato da tanti e in tantissime occasioni. Ci dice il più bel complimento che ha ricevuto o il gesto che l’ha reso davvero orgoglioso?

- E’ difficile… Ho ricevuto medaglie d’oro dalla Camera di Commercio, attestati dal top della Cucina internazionale… Ho preso parte a moltissime trasmissioni televisive e ho avuto riconoscimenti simpaticissimi… Sono stato a Rai 1, Rai 2, Rai 3, Mediaset, televisioni cinesi, giapponesi, coreane… Prossimamente, verranno una televisione tedesca e una svizzera. Io vado da tutte le parti, la faccia tosta ce l’ho e mi fa piacere partecipare! Quindi, soddisfazioni e complimenti veramente tantissimi…

Angolo ripiegato:  
SCATURCHIO
Dove la sfogliatella è una vera poesia
di Daniela Adamo
 

 

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