Hanno cominciato gli americani ammettendo che si tratta di una malattia. Poi
la Cassazione italiana è intervenuta sulla stessa linea, ipotizzando
l’invalidità per chi ne è affetto.
L'anoressia e la bulimia rappresentano il disagio psicologico più diffuso
fra le donne di questo fine secolo.
“La
fame dirompente e assoluta - la fame che le persone anoressiche tentano
invano di cancellare per inseguire il mito radicale della magrezza e le
persone bulimiche sperano invano di saziare divorando tutto – è solo in
apparenza rivolta al cibo. In realtà è un'insaziata fame d'amore, fame di
rapporti autentici, fame di una vita più piena e più ricca di significato”.
Sono parole dure, parole forti, tratte dal libro “Tutto
il pane del mondo” di Fabiola De Clercq, fondatrice e
presidente dell’ABA (Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia,
bulimia e l'obesità), nel quale racconta la sua drammatica lotta con
anoressia e bulimia ed il lungo cammino di terapia per emanciparsi dalla
stampella del sintomo, dalla dipendenza dal cibo.
Anoressia, bulimia e i disordini alimentari non sono un fenomeno
esclusivamente femminile, sebbene questi disagi colpiscano prevalentemente
le donne.
Il
corpo maschile, ostentato sulle riviste e nelle pubblicità, è un chiaro
segnale che l'ossessione della forma fisica ha sconfinato nel mondo degli
uomini.
Le
statistiche parlano chiaro:
3
milioni
di persone in Italia sono colpite direttamente da anoressia, bulimia e
disordini alimentari;
5%
della popolazione soffre di disturbi alimentari;
7,5
milioni
sono le persone coinvolte a livello familiare con tali patologie;
14-35 anni
è la fascia di età più colpita ma i disturbi possono manifestarsi anche in
fasce di età più giovane e oltre i 40 anni;
10%
degli adolescenti è a rischio;
92%
di chi chiede aiuto è donna.
Proprio per questo, anoressia e bulimia sono state oggetto di una pronuncia
della Corte di Cassazione in materia di pensione di invalidità. L’anoressia
non è stata solo considerata una patologia grave e difficilmente curabile,
ma, più specificamente, "il deficit intellettivo, la sindrome
psico-patologica e l’eccessiva magrezza costituiscono un quadro patologico
inemendabile su cui s’innestano disturbi del comportamento". La
Cassazione ha così finito per riconoscere il diritto di una donna calabrese
alla pensione d’invalidità.
Con
questa sentenza si sono superati quei muri di pregiudizi,
affinché queste malattie vengano considerate come tali, e non
come un capriccio, un vezzo, un'invenzione.
Naturalmente tocca ai giudici valutare, caso per caso, documenti alla mano,
per evitare che l’invalidità costituisca una sorta di alibi
per i pazienti e precluda loro la possibilità di curarsi e di guarire.
Ma
una cosa ancora va sottolineata: di stress, di paura ci si può ammalare,
basti pensare a malattie dell’anima come la depressione, come la stessa
anoressia, ma anche a malattie indotte dal progressivo indebolimento delle
difese immunitarie. Ecco, di fronte a questo, la sentenza della Cassazione
ci rende tutti un po’ più forti.
(Febbraio 2006)
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