Arco a tutto sesto: QUELLA PAZZA VOGLIA DI COMPRARE!
Non sempre la voglia di acquistare è un capriccio innocuo. A volte, dietro, si nasconde la "sindrome da shopping"...
di Daniela Adamo

C’è che si avverte proprio quell’impulso incontrollabile di uscire, fermarsi alle vetrine dei più bei negozi o di quelli più simpatici e curiosi, dare un’occhiata e poi… comprare… comprare qualsiasi cosa, anche una sciocchezza… C’è chi questo bisogno lo avverte molto

spesso, soprattutto le donne, chi un po’ meno…
A chi non è successo qualche volta, quando si passa un periodo particolarmente brutto, di coccolarsi con qualche piccolo acquisto?
Beh’, facciamo subito una doverosa distinzione. Acquistare per sé una cosa che piace – inutile dirlo – fa sempre piacere e gratifica. Se l’episodio avviene di tanto in tanto, diciamo la verità, non c’è nulla di male, anzi è normale e secondo alcuni specialisti fa anche bene. L’anomalia comincia ad aversi se l’acquisto diventa un bisogno insopprimibile e avviene molto molto spesso.
Acquistare un oggetto spesso rappresenta una forma di svago, di intrattenimento o addirittura di aggiornamento sulle novità di mercato. Quando però l’acquisto è indirizzato verso oggetti costosi, belli o comunque non necessari, quando
si avverte un piacere quasi fisico nel riempirsi mani e borse di pacchi e pacchettini, siamo davanti a una vera e propria malattia, definita “sindrome da shopping”, che viene riconosciuta per la prima volta da un autore eminente, Kraepelin, il quale, nel 1915, la definisce come “mania di comprare”.
Molte persone, affette da detta patologia, considerano lo shopping alla stregua di un antidepressivo, di un potente mezzo per combattere la noia e la solitudine, per riempire un vuoto (del presente o del passato), per evadere dalla realtà, lo considerano un grandissimo riempitivo di serenità per l’anima. Infatti, le persone più predisposte  a fare acquisti sono quelle con scarsa autostima, insoddisfatte e che soffrono di solitudine. Principalmente, questo fenomeno colpisce le donne, che spendono in vestiti, gioielli ed estetica, ma anche gli uomini – come detto - non sono del tutto immuni da esso e prediligono oggettistica sportiva, macchine e oggetti hi­-tech. Sono inclusi anche i narcisisti e gli istrionici… i narcisisti sono sempre alla ricerca di qualcosa di originale e delle griffe,  gli istrionici invece, per soddisfare il loro modo di stare al centro dell’attenzione, sono sempre alla ricerca di qualcosa di appariscente. Ovviamente, lo shopping si rivela poi solo un palliativo, in quanto non può certo risolvere problemi ben radicati nel proprio inconscio. Basta, infatti, che si arrivi a casa per riporre i contenuti dei pacchettini acquistati in fondo a un armadio o a un cassetto e non prenderli mai più. Ben presto, quindi, nasce il bisogno di un nuovo acquisto – perché è come se si stesse in “crisi di astinenza” - ed ecco che si diventa… malati di shopping.

Purtroppo, l’impulso irrefrenabile all’acquisto viene alleviato solo comprando e, anche se ciò può essere un modo per gratificarsi, per tenere a bada uno stato ansioso, bisognerebbe sforzarsi di comprendere il valore che la dipendenza riveste per chi ne è dominato, cioè di capire e di cercare l’origine del disagio, spesso riconducibile a una mancanza di autostima o a una forte fetta di insicurezza in sé e nei propri mezzi… Anche se lo shopping maniacale è una strategia di autodifesa, allontana temporaneamente la sensazione di non valere ma certo non la cancella… Quindi, anziché sprecare tempo e denaro sarebbe molto meglio lavorare su se stessi e sulla propria autostima. Ma certo non è un cammino facile. E in alcuni casi è necessario rivolgersi in mani mediche per venirne a capo.

Vogliamo anche dire, però, che la “sindrome da shopping” è sicuramente anche figlia della nostra società consumistica, dove si tende spudoratamente a invogliare all’acquisto, facendo in modo che “futili bisogni” appaiano necessari e trasformando il “possesso del prodotto” in una fonte di felicità o nel miglior rimedio per scaricare lo stress di una  giornata pesante? Logica conseguenza di ciò è che diventa molto difficile segnare un confine netto fra “acquisto normale” e “acquisto compulsivo”, dunque spesso la sindrome da shopping è il risultato del connubio tra un’espressione di disagio individuale e uno stile di vita proposto ed esaltato dalla società, che indirizza sempre più all’acquisto del superfluo.
E sicuramente questo appena espresso è anche uno dei motivi per cui, spesso, questo disturbo viene diagnosticato solo dopo molto tempo dalla prima manifestazione. Infatti, si inizia comunque acquistando qualcosina di tanto in tanto, per poi… arrivare a non potersi più fermare davanti a un negozio. Così, questa patologia rimane a lungo latente e viene riconosciuta solo quando gli effetti – economici e familiari – sono ormai disastrosi.

Affinché si possa arrivare subito a questo disturbo, precisiamo che le persone da esso affette tendono ad acquistare soprattutto cose inutili, superflue, che magari non rispondono neanche ai loro gusti, oggetti che sono sicuramente al di sopra delle loro possibilità finanziarie e, spesso, risultano essere una variante della stesso genere di prodotto.
Infatti, spesso gli articoli acquistati rispondono unicamente al bisogno di individuare pezzi utili (ecco perché articoli dello stesso genere) a completare un loro quadro interiore, articoli che esprimano qualità positive e vincenti.
Possiamo riconoscere tre fasi nell’acquisto compulsivo. Nella prima, l’acquirente “corteggia” il prodotto, vivendo per esso una fortissima attrazione e provando (nei casi più gravi) dinanzi a esso sensazioni quali calore, eccitazione, perdita del proprio controllo. Nella seconda fase, si manifesta l’acquisto, che fa provare al soggetto un senso di benessere e gioia, congiunto a un annullamento del tempo. Infine, nella terza fase, quella della realizzazione, il soggetto si rende conto del suo comportamento negativo e prevalgono i sensi di colpa, la vergogna, il vuoto interiore.
Ancora un’importante e ultima distinzione. L’origine delle crisi di acquisto incontrollato, spesso sono imputabili a un problema di natura diversa da quella prettamente consumistica. Infatti, come tenne a precisare Alonso-Fernandez, nel 1996, esistono due tipi di consumi patologici. Il primo – definito come consumopatia abusiva – è conseguenza di un disturbo di natura psicologica (come depressione, ansia, disturbi dell’umore, schizofrenia). Infatti, ad esempio, nelle persone affette da sindrome bipolare, le crisi d’acquisto si verificano nei periodi “ipomanicali o maniacali”, quelli cioè caratterizzati da forte agitazione ed eccitazione. Vale a dire che la spesa folle può essere una delle manifestazioni del disturbo bipolare.
Il secondo tipo, invece – denominato consumopatia morbosa o da dipendenza – trova la sua espressione nella semplice costrizione all’acquisto, cioè si ha l’impulso incontrollabile a comprare ma quest’impulso non è conseguenza di nessuna precisa malattia.
Quello che accomuna le due patologie sono sicuramente le conseguenze… disastrose sul bilancio economico e sui rapporti familiari.
Alla luce di quanto detto fin qui, desideriamo anche dire, particolarmente alle donne, che tanto amano acquistare… di non aver paura di essere affette da questa malattia! Se un dubbio c’è, valutare innanzitutto i sintomi nella loro totalità e, nel caso, rivolgersi ad uno specialista.
Se però siete semplicemente persone che, ogni tot, amano premiarsi con un maglioncino o un nuovo rossetto, beh’, state pur tranquille, continuate a farlo…

 

(Febbraio 2006)

 

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